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Quando può dirsi legittimo il licenziamento per scarso rendimento?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 9453 del 6 aprile 2023 è tornata a pronunciarsi sui profili di legittimità del c.d. licenziamento per scarso rendimento del lavoratore, chiarendo il contenuto dell’onere probatorio gravante sul datore che intenda dimostrare in giudizio la legittimità del recesso disciplinare esercitato.
La Suprema Corte ha anzitutto provveduto a classificare tale tipologia di licenziamento, chiarendo che costituisce un’ipotesi di recesso del datore di lavoro per notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore, e quindi un’ipotesi di licenziamento disciplinare che, a sua volta, si pone come specie della risoluzione per inadempimento di cui agli artt. 1453 ss. c.c.
Si tratta, difatti, di un istituto che non trova espressa disciplina nella legge bensì solo ed esclusivamente nell’elaborazione giurisprudenziale e che secondo alcuni sarebbe da ricondursi all’area del giustificato motivo oggettivo e, quindi, del licenziamento c.d. economico, in quanto si tratterebbe di un’inidoneità del lavoratore allo svolgimento della prestazione che dunque cagionerebbe la perdita totale dell’interesse del datore al conseguimento della stessa, non più utilmente utilizzabile dalla società.
Ad ogni modo, la pronuncia de qua si pone in linea con la dottrina e la giurisprudenza prevalente secondo cui, in realtà, poiché il licenziamento in siffatte ipotesi è connesso all’adempimento del contratto e alla negligenza nella sua esecuzione, nessun dubbio dovrebbe esservi circa la sua qualificazione come recesso disciplinare (in questo senso, ex multis, cfr. V. Speziale, Giusta causa e giustificato motivo dopo la riforma dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, in P. Chieco (a cura di), Flessibilità e tutele nel lavoro. Commentario della legge 28 giugno 2012, n. 92, Bari, Cacucci, 2013).
Ciò premesso, la Corte ha specificato, nel solco di altri precedenti conformi, che per ritener adempiuto l’onere probatorio a carico del datore di lavoro che intenda dimostrare la legittimità del licenziamento non è sufficiente allegare e provare il mancato raggiungimento di un risultato prefissato, essendo necessaria una valutazione più complessa che tenga conto della diligenza e professionalità media richiesta al lavoratore nell’adempimento della propria mansione.
Dunque, affinché possa ritenersi legittimo il licenziamento intimato al lavoratore per scarso rendimento è necessario provare, sulla base di una valutazione complessiva dell’attività resa dal lavoratore stesso, “una evidente violazione della diligente collaborazione dovuta dal dipendente – ed a lui imputabile – in conseguenza dell’enorme sproporzione tra gli obiettivi fissati dai programmi di produzione per il lavoratore e quanto effettivamente realizzato nel periodo di riferimento, tenuto conto della media attività tra i vari dipendenti ed indipendentemente dal conseguimento di una soglia minima di produzione”.
In conclusione, per poter legittimamente licenziare un dipendente per scarso rendimento è necessaria la sussistenza sia di un elemento oggettivo – quale un’enorme sproporzione tra gli obiettivi prefissati e quanto effettivamente realizzato – ed anche un elemento soggettivo consistente nell’imputabilità di tale scarso rendimento in capo al dipendente, cui deve potersi “rimproverare” una negligenza nell’esecuzione della prestazione che dia luogo ad inadempimento della propria obbligazione contrattuale.