Vai al contenuto

La casa è stata pignorata dalla Banca? Grazie a Cass. SS.UU. n. 9479 del 6.04.2023 potrebbe essere ancora possibile salvarla.

Con la pronuncia n. 9479 del 6 aprile 2023 le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione hanno provveduto ad armonizzare la normativa processuale nazionale con quanto stabilito dalla Corte di Giustizia UE con quattro pronunce, tutte del 17 maggio 2022 , in materia di esecutorietà del decreto ingiuntivo non opposto emesso sulla base di un contratto concluso tra professionista e consumatore, ove venga in rilievo il carattere o meno vessatorio delle relative clausole.
Nello specifico, nel caso che ha condotto alla pronuncia de qua il debitore non aveva opposto il decreto ingiuntivo perdendo così la possibilità di eccepire l’incompetenza territoriale del giudice della fase monitoria erroneamente individuato sulla base di una clausola del contratto fideiussorio illegittimamente derogativa della regola generale del foro del consumatore.
Il decreto ingiuntivo acquisiva così efficacia esecutiva e si dava avvio all’esecuzione forzata.
Il debitore svolgeva allora opposizione all’esecuzione e agli atti esecutivi sollevando eccezione di incompetenza per territorio, che veniva respinta perché tardiva trattandosi di questione che avrebbe dovuto essere sollevata con l’opposizione al decreto ingiuntivo.
Radicatasi la fase di legittimità e a seguito di rinuncia al ricorso frattanto intervenuta da parte del debitore, la questione giungeva, ex art. 363 c.p.c., alle Sezioni Unite, viste le pronunce frattanto emesse dalla Corte di Giustizia UE che aveva sancito il principio di diritto per cui è incompatibile con gli artt. 6 e 7 della direttiva 93/13/CEE del Consiglio del 5 aprile 1993 la normativa nazionale in base alla quale, una volta che un decreto ingiuntivo non sia stato oggetto di opposizione da parte del debitore, il giudice dell’esecuzione non possa successivamente controllare l’eventuale carattere abusivo delle clausole del contratto che ne è alla base, per il solo fatto che l’autorità di cosa giudicata di tale decreto copre implicitamente la validità delle clausole del contratto, anche in assenza di qualsiasi motivazione in tal senso contenuta nel provvedimento.
Conformemente, con la sentenza n. 9479 in commento le Sezioni Unite hanno stabilito:
a) che, in primo luogo, il giudice della fase monitoria debba svolgere d’ufficio il controllo sull’eventuale vessatorietà delle clausole del contratto stipulato tra professionista e consumatore in relazione all’oggetto della controversia, purché “gli elementi di diritto e di fatto già in suo possesso suscitino seri dubbi al riguardo, dovendo, quindi, adottare d’ufficio misure istruttorie necessarie per completare il fascicolo, chiedendo alle parti di fornirgli informazioni aggiuntive a tale scopo”;
b) che il giudice, ove accolga il ricorso per decreto ingiuntivo anche alla luce dell’accertata non vessatorietà delle clausole, debba inserire nel decreto ingiuntivo, oltre che l’avvertimento indicato dall’art. 641 c.p.c., anche quello in base al quale in mancanza di opposizione il debitore-consumatore non potrà più far valere l’eventuale carattere vessatorio delle clausole del contratto e il decreto non opposto diventerà irrevocabile;
c) che l’eventuale omissione di una siffatta motivazione nel decreto ingiuntivo impedisca a quest’ultimo di acquistare efficacia di giudicato in caso di mancata opposizione e, dunque, che il giudice dell’esecuzione, fino al momento della vendita o dell’assegnazione, ha il potere/dovere di rilevare d’ufficio l’esistenza di una clausola abusiva che incida sulla sussistenza o sull’entità del credito oggetto del decreto ingiuntivo;
d) che il giudice dell’esecuzione, laddove rilevasse il possibile carattere vessatorio di una clausola, dovrà informarne le parti e avvisare il debitore-consumatore “che entro 40 giorni da tale informazione – che nel caso di esecutato non comparso è da rendersi con comunicazione di cancelleria – può proporre opposizione a decreto ingiuntivo e così far valere (soltanto ed esclusivamente) il carattere abusivo delle clausole contrattuali incidenti sul riconoscimento del credito oggetto di ingiunzione”;
e) che ove, invece, il debitore-consumatore abbia, prima dell’inizio dell’esecuzione, proposto un’opposizione all’esecuzione ex art. 615, 1° comma, c.p.c. “il giudice adito riqualificherà l’opposizione come opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c. e rimetterà la decisione al giudice di questa, fissando un termine non inferiore a 40 giorni per la riassunzione”;
f) che se, infine, dovesse già essere in corso un’opposizione esecutiva in cui emerge un problema di vessatorietà delle clausole, il giudice dell’opposizione rilevi d’ufficio la questione e interpelli il consumatore chiedendo se intenda avvalersi della nullità di protezione o meno e, in caso di risposta affermativa, assegni al consumatore termine di 40 giorni per proporre l’opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c. e, nel frattempo, il giudice dell’esecuzione si astenga dal disporre la vendita o l’assegnazione del bene o del credito.
In tutte queste ipotesi, il giudice dell’opposizione “una volta investito, avrà il potere, ex art. 649 c.p.c. (quale disposizione richiamata dal secondo comma dell’art. 650 c.p.c.), di sospendere l’esecutorietà del decreto ingiuntivo in modo totale o parziale, a seconda degli effetti che potrebbe comportare l’accertamento sulla abusività clausola che viene in rilievo.”.
In sintesi: se l’immobile è stato pignorato in virtù di un decreto ingiuntivo emesso sulla base di un contratto contenente clausole vessatorie e la vendita non è stata ancora disposta, potrebbe essere ancora possibile evitare la perdita del bene.